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(LA RESPONSABILITÀ DELLA VERSIONE ITALIANA DEGLI ARTICOLI PUBBLICATI NEL BLOG DEL PROFESSOR NAVARRO È DEL TRADUTTORE, MICHELE ORINI)

Articolo pubblicato da Viçenc Navarro sulla rivista digitale SISTEMA, 21/12/2012

In questo articolo si segnala che alcune delle osservazioni di Marx sull’origine delle crisi nel sistema capitalista sono importanti per capire le crisi finanziarie ed economiche alle quali stiamo assistendo.

In un interessante articolo (“Robots and Robber Barons”, ‘The New York Times’, 09.12.12), Paul Krugman, editorialista del “The New York Times” e premio Nobel per l’Economia, si domandava se la realtà che osserviamo nella maggior parte dei paesi capitalisti su entrambi i lati dell’Atlantico settentrionale (in Nord America ed Europa) non mostrasse quello che già aveva previsto Karl Marx, ovvero la crescente vittoria del mondo del capitale a spese del mondo del lavoro, conseguenza dell’indebolimento di quest’ultimo, dovuto alle politiche pubbliche che hanno sistematicamente favorito le rendite da capitale e pregiudicato i redditi da lavoro. In tutti questi paesi, le prime (basate sull’enorme redditività del capitale finanziario ed aziendale) hanno raggiunto delle percentuali senza precedenti, mentre le seconde (rappresentate dalla massa salariale) non sono mai state così basse.

La Spagna ne è un chiaro esempio. Secondo dati della “Contabilidad Nacional”, le rendite da capitale, hanno raggiunto per la prima volta nell’era democratica una percentuale maggiore dei redditi da lavoro.

COM’È SUCCESSO TUTTO CIÒ?

I dati spiegano le ragioni di questa situazione nella maggioranza dei paesi ai quali Paul Krugman fa riferimento. La produttività è cresciuta molto di più dei salari, da cui ne consegue che il materiale prodotto è stato usato per aumentare i guadagni del capitale invece che i salari. Di conseguenza, i guadagni delle élites finanziarie e delle grandi aziende sono aumentati vertiginosamente.

Le spiegazioni delle cause di questo meccanismo variano (vedasi il mio articolo “Porque las desigualdades están creciendo en el mundo”). C’è chi attribuisce queste dinamiche ai recenti cambiamenti tecnologici. L’introduzione del computer e di Internet, per esempio, hanno aumentato enormemente la produttività. Però l’introduzione di nuove tecnologie al posto del lavoro manuale spiegano solo l’aumento della produttività, e non la cattiva distribuzione della ricchezza generata e la sua concentrazione nei guadagni di tali élites.

Altri attribuiscono questa concentrazione alla globalizzazione, con la delocalizzazione di posti di lavoro in paesi dove i salari sono più bassi. Il trasferimento dei processi di produzione in Cina, per esempio, ha ridotto enormemente i salari dei paesi capitalisti avanzati.

Però in quest’argomentazione si omette che tale globalizzazione non è la causa, bensì la conseguenza dell’indebolimento del mondo del lavoro in questi paesi. Dopotutto, nei paesi scandinavi (nei quali le esportazioni rappresentano percentuali elevatissime del PIL) continuano a mantenere salari alti. Per cui da sola globalizzazione non spiega la diminuzione dei salari. La causa principale, raramente citata nei mezzi di comunicazione, risiede nell’indebolimento politico del mondo del lavoro, e di conseguenza, dei redditi da lavoro.

E questo indebolimento avviene soprattutto nello stato-Nazione. L’attacco frontale al Walfare State che stiamo osservando in tutti questi paesi ha come obiettivo l’indebolimento del mondo del lavoro. Indebolimento che è avvenuto attraverso l’applicazione di politiche neoliberali.  Questo attacco viene dissimulato attraverso la scusa di aumentare la competitività, la quale, tra l’altro, è aumentata senza che ciò si traducesse in un aumento dei redditi da lavoro, che sono invece diminuiti.

Naturalmente questo attacco, che Noam Chomsky ha definito “guerra di classe unidirezionale” (vedasi la sua introduzione al libro “Hay alternativas. Propuestas para crear empleo y bienestar social en España”, di Vincenç Navarro, Juan Torres ed Alberto Garzón), avviene su scala nazionale ma ha origine in un contesto internazionale nel quale si stabiliscono alleanze tra le élites finanziarie ed aziendali dei vari paesi, che attuano in maniera congiunta e coordinata. L’esempio più chiaro di questo fenomeno è il governo dell’Unione Europea e dell’ Eurozona, le cui politiche di austerità, messe in atto in ogni paese, facilitano, giorno dopo giorno,  la vittoria di questa lotta di classe unidirezionale.

Un altro dato di fatto, altrettanto ovvio, che ricorda le previsioni di Marx, è la “crescente proletarizzazione della popolazione”, realtà che si manifesta nella crescente somiglianza tra le condizioni di lavoro dei colletti bianchi (le classi medie) e delle classi lavoratrici. La perdita di autonomia, il deterioro delle condizioni di lavoro, la diminuzione dei salari, l’avvicinano sempre di più alle condizioni della classe lavoratrice. Il famoso declino di ciò che attualmente chiamiamo “classe media” faceva parte di quelle previsioni.

QUAL È LA SOLUZIONE?

Questo breve riassunto della situazione attuale ci porta ad interrogarci su come uscirne. Da quest’analisi ne deriva che la soluzione è anche politica, ovvero che per uscire dalla crisi è necessario un cambiamento nelle relazioni di potere dentro ogni Stato-Nazione, ostacolato dal contesto internazionale. Il caso spagnolo ne è un chiaro esempio. Senza un aumento della forza degli strumenti al servizio della classe lavoratrice e dei suoi sindacati, non si potrà uscire dalla crisi. C’è bisogno di una lotta di classe bilaterale e bi-direzionale, c’è bisogno di un’enorme agitazione sociale che coinvolga la maggior parte della popolazione (delle classi medie e lavoratrici), che esiga una revisione delle politiche neoliberali (portate avanti come fossero le uniche possibili) per applicare politiche redistributive che puntino a ridurre le rendite da capitale ed aumentino i redditi da lavoro, con un aumento ed espansione degli ammortizzatori sociali. Queste riforme (che secondo alcune frange settarie della ultra-sinistra porterebbero a ciò che chiamano in maniera sprezzante “capitalismo dal volto umano”)  rafforzano il mondo del lavoro che, nel suo percorso rivendicativo, può essere finalmente messo in condizione di farla finita con il dominio quasi dittatoriale che esercitano le élites finanziarie ed aziendali in ogni paese.

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