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(LA RESPONSABILITÀ DELLA VERSIONE ITALIANA DEGLI ARTICOLI PUBBLICATI NEL BLOG DEL PROFESSOR NAVARRO È DEL TRADUTTORE, MICHELE ORINI)

Articolo pubblicato da Vicenç Navarro nella rubrica “Dominio Publico” del quotidiano PÚBLICO, il 28/03/2013

Questo articolo mostra che il debito privato è molto maggiore del debito pubblico e che ciò è dovuto, in parte, alla diminuzione del potere d’acquisto della popolazione, risultato della riduzione delle rendite da lavoro a vantaggio delle rendite del capitale.

In un eccellente articolo pubblicato su “Publico” (24-03-2013) intitolato “La guerra mundial de la deuda” (la guerra mondiale del debito, ndt) Juan Torres mostra come oggi il maggior problema relazionato con l’aumento del debito non riguardi il debito pubblico, come sostengono la maggior parte dei mezzi d’ informazione, ma il debito privato, che ha ormai raggiunto livelli insostenibili nella quasi totalità dei paesi ai due lati dell’Atlantico nord. Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) il totale del debito privato dei paesi dell’Eurozona è 15.7 miliardi di euro, una quantità che rappresenta quasi il doppio della ricchezza dei paesi della stessa zona monetaria, misurata dal PIL (8.7 miliardi di euro). Una situazione analoga si riscontra negli Stati Uniti, il cui debito privato è di 24.98 miliardi di dollari, di molto superiore al suo PIL, che è di 16 miliardi di euro.

Il tasso di crescita del debito privato è, come sottolinea Juan Torres, altrettanto allarmante. Secondo il BRI, il debito privato nell’Eurozona è raddoppiato negli ultimi nove anni. Lo stesso si è verificato negli USA, dove il debito privato è raddoppiato in nove anni.

Un altro dato di grande rilevanza è che il debito associato all’acquisto di immobili, storicamente molto più basso del debito delle imprese, è aumentato molto più rapidamente di quest’ultimo. La spiegazione di questo processo è facile da trovare, anche se raramente il lettore la potrà leggere nei giornali di maggiore diffusione, altamente influenzati dai gruppi finanziari ed aziendali che dominano la vita economica del paese e che sono strettamente legati a tali mezzi di comunicazione (un esempio: il padrone de La Vanguardia, il conde Godò è il vicepresidente di CaixaBank, il maggior gruppo finanziario catalano).

La causa dell’enorme aumento del debito privato è l’enorme diminuzione della massa salariale, cosa che spiega come le rendite da lavoro, dalle quali la maggior parte dei cittadini trae il proprio reddito, siano diminuite in percentuale sulle rendite salariali totali, mentre le rendite da capitale sono aumentate enormemente. Ciò rappresenta quello che una volta veniva chiamato lotta di classe, espressione che oggi non si usa più perché considerata antiquata. Solo pochi uomini dell’alta finanza, come il signor Warren Buffet, uno degli uomini più ricchi degli USA, possono usare questa espressione senza remore, affermando che si sta combattendo una guerra di classe, e che la sua, di classe, è quella che vince questa guerra quotidianamente. I dati mostrano che il signor Buffet ha assolutamente ragione.

Le cause dalla diminuzione delle rendite da lavoro

Negli USA, il salario orario di un lavoratore ha continuato a diminuire dagli anni ottanta in poi, quando il presidente Regan (l’idolo degli economisti neoliberali) cominciò la propria guerra contro i sindacati, licenziando tutti i controllori aerei, e mostrando così al mondo aziendale la via da seguire.

Una situazione analoga si verificò in Inghilterra con la signora Thatcher, che cominciò una guerra contra i minatori. Questa guerra è stata vinta ed ha ridotto enormemente la percentuale dei lavoratori affiliati ad un sindacato, oggi solo dell’11.3% di tutta la popolazione attiva (e ciò nonostante al fatto che la percentuale della popolazione che se volesse potrebbe affiliarsi ad un sindacato è aumentata). Ciò è dovuto ai  grandi ostacoli che il mondo aziendale impone alla sindacalizzazione dei suoi lavoratori. La paura di essere licenziati (dovuta alla forte deregolamentazione del mercato del lavoro nordamericano) è una delle principali cause della diminuzione del tasso di sindacalizzazione.

Esistono tuttavia altri interventi pubblici che indeboliscono il sindacato. Una è la distruzione di posti di lavoro, che fa crescere il numero di disoccupati in cerca di lavoro. La disoccupazione ha un impatto molto forte sulla disciplina del mondo del lavoro. Terrorizza tutta la popolazione attiva, che teme di perdere il posto. E l’aumento della paura determina un forte deterioramento delle condizioni lavorative (il numero di lavoratori che sostengono di lavorare in condizioni stressanti è aumentato negli USA ed in tutti i paesi della UE), un aumento della precarietà ed un peggioramento dei benefici sociali.

Un altro intervento pubblico consiste nel ridurre la protezione sociale, con conseguente diminuzione non solo dei diritti del lavoro, ma anche dei diritti sociali. I tagli alla spesa pubblica sociale hanno come obbiettivo quello di indebolire la protezione sociale, che rende più vulnerabili le classi popolari, terrorizzandole con lo spettro dell’insicurezza.

Queste sono le armi che il capitale usa contro il mondo del lavoro, in quella che il mio amico Noam Chomsky chiama guerra di classe (“the class war”) nella sua introduzione al libro “Hay alternativas. Propuestas para crear empleo y bienestar social en España” (Ci sono alternative. Proposte per creare lavoro e benessere sociale in Spagna, ndt), di Juan Torres, Alberto Garzón ed io.

Non serve poi sottolineare come le sconfitte e perdite del mondo del lavoro implichino vittorie e guadagni per il capitale.

Chi vince questa guerra?

La domanda che mi pongono i miei alunni è: “in che modo il capitale trae beneficio dalle sconfitte che la guerra di classe infligge al mondo del lavoro?”. La risposta si articola su vari livelli. Uno è che man mano che le rendite da lavoro diminuiscono, le rendite da capitale aumentano. Ed i dati parlano da soli (in Spagna, la percentuale delle rendite da lavoro sul PIL è passata dal 2008 al 2012, secondo i dati del quarto trimestre, dal 49% al 46%, mentre le rendite da capitale sono aumentate nello stesso periodo dal 42% al 46%). In realtà l’aumento di queste ultime si deve alla diminuzione delle prime. E la miglior prova di tutto ciò è che l’analisi della ripartizione della ricchezza creata dal mondo del lavoro, ci dice che questa è andata soprattutto verso i redditi superiori, quelli che derivano le proprie rendite dalla proprietà del capitale.

Un altro beneficio che il capitale, nello specifico quello finanziario, ottiene dalla diminuzione dei salari, è un aumento della necessità della popolazione di indebitarsi.

Il profondo indebitamento delle famiglie si deve proprio alla forte diminuzione del loro potere d’acquisto. L’enorme espansione del mondo finanziario si è basata proprio su questo indebitamento delle famiglie. Nella maggior parte dei paesi, il settore finanziario è oggi sovradimensionato, e ciò ha creato un problema gravissimo.

L’enorme potere delle banche sull’apparato dello Stato e sui media ha forzato dei comportamenti pubblici, come la deregolamentazione del capitale finanziario, che ha causato un’enorme crisi finanziaria che si sta cercando di risolvere a colpi di appoggio pubblico alle stesse banche per garantirne l’esistenza (cosa che dovrebbe essere tenuta in considerazione come indicatore del loro potere).

La scarsa domanda, dovuta alla diminuzione del potere d’acquisto della popolazione, ha fatto si che la redditività degli investimenti finanziari si sia spostata dai settori produttivi ai settori speculativi (facilitati dalla deregolamentazione del capitale finanziario), e ciò ha causato una crisi fortissima.

Ci troviamo quindi di fronte ad una situazione in cui contemporaneamente all’austerità patita dalle rendite da lavoro c’è un’esuberanza delle rendite del capitale, responsabile della crisi che sta facendo precipitare grandi settori della popolazione nella povertà e nella miseria.

Questa è la situazione, raramente descritta nei media più diffusi.

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