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(LA RESPONSABILITÀ DELLA VERSIONE ITALIANA DEGLI ARTICOLI PUBBLICATI NEL BLOG DEL PROFESSOR NAVARRO È DEL TRADUTTORE, MICHELE ORINI)

Articolo pubblicato da Vicenç Navarro sulla rubrica “Dominio Publico” del giornale PÚBLICO, il 28/02/2013

In questo articolo si svelano le cause reali dei tagli alla spesa pubblica, compresa quella sociale, le quali non hanno niente a che vedere con l’argomentazione dei sostenitori del pensiero unico convenzionale. La causa dei tagli è da ricercare nell’enorme potere che le istituzioni finanziarie hanno sia nell’Establishment dell’ Eurozona, che in quello Spagnolo.

Una delle giustificazioni più ricorrenti ed insistenti dei tagli alla spesa pubblica, spesa pubblica sociale compresa, è che gli Stati stanno spendendo molto di più di quello che possono permettersi. L’argomentazione di chi sostiene queste posizioni è che la spesa per le pensioni, la sanità, l’istruzione ed i servizi sociali, gli asili, e via dicendo hanno raggiunto delle dimensioni che non sono sostenibili per le casse dello Stato, siano esse dello Stato centrale o delle Comunità Autonome [l’equivalente delle regioni italiane, ma dotate di maggiore autonomia, ndt]. In accordo con questa teoria il Governo spagnolo ha deciso di tagliare niente meno che 38 miliardi di euro nel 2013, cosa che si ripercuoterà in maniera molto negativa

sulle suddette componenti del sistema di previdenza sociale. I tagli imposti dal Governo centrale e dalle Comunità Autonome rappresentano un attacco frontale (non c’è altro termine per descriverli) allo stato sociale ed ai servizi pubblici, che sono già tra i meno finanziati dell’Europa a 15 (UE-15), il gruppo di paesi con un livello di sviluppo simile a quello spagnolo. La spesa sociale (per la maggior parte pubblica) per abitante in Spagna e Catalogna è tra le più basse di tale comunità. La media della UE-17, che comprende anche la Slovacchia e l’Estonia, è stata di 8.030 unità di potere d’acquisto nel 2010, mentre quella spagnola è stata di 6.284 unità. Ciò significa che in Spagna si spende un quinto in meno rispetto a quello che si spende in paesi con un livello paragonabile di sviluppo.

Per cui la giustificazione che abbiamo speso più di quello che potevamo permetterci manca di basi scientifiche. Mentre il livello di ricchezza della Spagna è stato del 91% del PIL medio della UE-15, la spesa sociale per abitante è stata solo del 78% della media di tale comunità, Estonia e Slovacchia incluse. Il problema è che lo Stato non riscuote risorse sufficienti. Gli introiti dello Stato sono più bassi di quelli che corrisponderebbero al livello di ricchezza attuale. Ci si può girare attorno, ma il fatto è che i tagli non si possono giustificare col fatto che si sta spendendo troppo.

La causa di tali tagli va cercata altrove. E va cercata nell’immenso potere delle entità finanziarie sia in Spagna che nel resto dell’Eurozona. Analizziamo i dati. Mentre il governo vuole tagliare 39 miliardi di euro, lo stesso governo prevede di spenderne 38.589 solo per pagare gli interessi sul debito pubblico, interessi lievitati artificialmente come risultato della struttura finanziaria dell’Eurozona. Se la banca centrale europea (BCE), e prima ancora la Banca di Spagna, avessero finanziato dal 1989 lo Stato spagnolo allo stesso interesse che la BCE ha applicato alle banche private, il debito pubblico spagnolo sarebbe del 14% del PIL, invece del 90% attuale. La BCE non è una banca centrale, è piuttosto una potentissima lobby degli interessi finanziari. Infatti presta alle banche private ad un interesse dell’1%, le quali comprano con gli stessi soldi buoni del tesoro spagnoli ad un interesse del 6-7%. Un grosso affare che la popolazione paga a base di tagli ed ancora tagli alla spesa pubblica, incluso alla spesa pubblica sociale. Questa è la ragione dei tagli. Un gran polverone ideologico è stato sollevato, ed è stato promosso dai media più diffusi per cercare di nascondere questa realtà. È chiarissimo.

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